mercoledì 20 ottobre 2010

Chi è Don Puglisi?





Don Giuseppe Puglisi nasce nella borgata palermitana di Brancaccio il 15 settembre 1937, figlio di un calzolaio e di una sarta, e viene ucciso dalla mafia nella stessa borgata il 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno.

Entra nel seminario diocesano di Palermo nel 1953 e viene ordinato sacerdote dal cardinale Ernesto Ruffini il 2 luglio 1960. Nel 1961 viene nominato vicario cooperatore presso la parrocchia del SS.mo Salvatore nella borgata di Settecannoli, limitrofa a Brancaccio, e rettore della chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi.

Nel 1963 è nominato cappellano presso l'istituto per orfani "Roosevelt" e vicario presso la parrocchia Maria SS. ma Assunta a Valdesi.
Sin da questi primi anni segue in particolare modo i giovani e si interessa delle problematiche sociali dei quartieri più emarginati della città.

Segue con attenzione i lavori del Concilio Vaticano II e ne diffonde subito i documenti tra i fedeli con speciale riguardo al rinnovamento della liturgia, al ruolo dei laici, ai valori dell'ecumenismo e delle chiese locali.

Il suo desiderio fu sempre quello di incarnare l'annunzio di Gesu' Cristo nel territorio, assumendone quindi tutti i problemi per farli propri della comunità cristiana.

Il primo ottobre 1970 viene nominato parroco di Godrano, un piccolo paese in provincia di Palermo - segnato da una sanguinosa faida - dove rimane fino al 31 luglio 1978, riuscendo a riconciliare le famiglie con la forza del perdono.
In questi anni segue anche le battaglie sociali di un'altra zona della periferia orientale della citt., lo "Scaricatore".

Il 9 agosto 1978 è nominato pro-rettore del seminario minore di Palermo e il 24 novembre dell'anno seguente direttore del Centro diocesano vocazioni.
Nel 1983 diventa responsabile del Centro regionale Vocazioni e membro del Consiglio nazionale.

Don Giuseppe Puglisi è stato docente di matematica e poi di religione presso varie scuole. Ha insegnato al liceo classico Vittorio Emanuele II a Palermo dal '78 al '93.
A Palermo e in Sicilia è stato tra gli animatori di numerosi movimenti tra cui: Presenza del Vangelo, Azione cattolica, Fuci, Equipes Notre Dame. Dal marzo del 1990 svolge il suo ministero sacerdotale anche presso la "Casa Madonna dell'Accoglienza" dell'Opera pia Cardinale Ruffini in favore di giovani donne e ragazze-madri in difficoltà.

Il 29 settembre 1990 viene nominato parroco a San Gaetano, a Brancaccio, e nel 1992 assume anche l'incarico di direttore spirituale presso il seminario arcivescovile di Palermo. Il 29 gennaio 1993 inaugura a Brancaccio il centro "Padre Nostro", che diventa il punto di riferimento per i giovani e le famiglie del quartiere.

La sua attenzione si rivolse al recupero degli adolescenti già reclutati dalla criminalità mafiosa, riaffermando nel quartiere una cultura della legalità illuminata dalla fede.

Questa sua attività pastorale - come è stato ricostruito dalle inchieste giudiziarie - ha costituito il movente dell'omicidio, i cui esecutori e mandanti sono stati arrestati e condannati. Nel ricordo del suo impegno, innumerevoli sono le scuole, i centri sociali, le strutture sportive, le strada e le piazze a lui intitolate a Palermo e in tutta la Sicilia.

A partire dal 1994 il 15 settembre, anniversario della sua morte, segna l'apertura dell'anno pastorale della diocesi di Palermo.

Il 15 settembre 1999 il Cardinale Salvatore De Giorgi ha insediato il Tribunale ecclesiastico diocesano per il riconoscimento del martirio, che ha iniziato ad ascoltare i testimoni. Un archivio di scritti editi ed inediti, registrazioni, testimonianze e articoli si è costituito presso il "Centro ascolto giovani don Giuseppe Pugliesi.


Don Lorenzo Milano

Lorenzo nasce in epoca fascista il 27 maggio del 1923.

Nonno Luigi era un notissimo archeologo, la madre era una raffinata signora ebrea, il padre un professore universitario.

D'estate, la famiglia Milani, trascorreva le vacanze alla villa "Il Ginepro" al mare di Castiglioncello. Essendo una tribù numerosissima, si trascinavano dietro una fila di automobili e di aiutanti: cuoco, cameriera, servitore, autista, balia e istitutrice.

Nel '30, i Milani attraversarono un periodo difficile. La grande crisi economica impediva di vivere di sola rendita e il sig. Albano è costretto ad andare a lavorare a Milano, come direttore di azienda, occupandosi della organizzazione industriale.

Nella città lombarda lo seguiranno la moglie e i figli che lì completeranno gli studi. A Milano, Lorenzo, passerà tutta la sua infanzia e l'adolescenza.

I coniugi Milani, nonostante avessero verso le religioni un comportamento agnostico, il 29 giugno 1933, sposati solo civilmente, celebreranno il matrimonio in chiesa e battezzeranno i tre figli. In questo modo si difenderanno dalle leggi razziali e dalla persecuzione contro gli ebrei che era iniziata in Germania, con la presa del potere da parte di Hitler..

Nel '37, Lorenzo si iscrive alla prima ginnasio. Lo stesso anno, durante le vacanze, chiede, tra lo stupore della famiglia, di ricevere la prima comunione.

Il 21 maggio '41, a causa della guerra le scuole chiudono, Lorenzo viene dichiarato maturo. In quel momento, esprime il desiderio di cimentarsi nella pittura. Vive per un anno intero a Firenze e frequenta assiduamente il pittore H.J.Staude.

Era un ragazzo dalla bella figura slanciata, simpatico, cortese. Aveva l'aria tipica del giovane di famiglia benestante quando un giorno a Firenze, mentre faceva merenda in un vicolo, seduto accanto al suo cavalletto, fu fortemente scosso dalla frase di una donna: "Non si mangia il pane bianco nelle strade dei poveri!". Lorenzo Milani, un ragazzo ebreo che mangiava il pane bianco dei ricchi, aveva presto capito quanto fosse fortunato, e sentiva il peso della guerra,della fame e della violenza delle discriminazioni razziali.

Con la pittura, inizia la stravagante vita d'artista "bohemien". In questo periodo è fortemente influenzato dal "bello e funzionale" di Le Corbusier e dal "lavoro collettivo" nell'architettura di Michelucci. Si accende d'interesse per la pittura religiosa. E' proprio attraverso una ricerca sui colori, usati nella liturgia cattolica che Lorenzo si avvicina in qualche modo alla Chiesa.

Nel settembre del '42 s'iscrive all'Accademia di Belle Arti a Brera. La famiglia, pur non condividendo l'idea, lo aiuta ad aprire uno studio in quella città ma nel novembre dello stesso anno si trasferisce nuovamente a Firenze.

Ma la pittura, arte solitaria, era insufficiente al suo bisogno di comunicare. E nacque da un senso di vuoto, d'insoddisfazione, poi, non so come, si ritrovò in mano un libro sulla liturgia cattolica. Lorenzo se ne entusiasmò, ma tutti pensarono che fosse un entusiasmo passeggero. Invece era accaduto, o stava per accadere in lui qualcosa di assolutamente diverso. Di lì a pochi mesi entrò in seminario. La famiglia non approva la scelta di vita religiosa del figlio. Alla cerimonia della tonsura, l'atto d'ingresso alla vita ecclesiastica, nessuno dei parenti era presente.

Nel dicembre del 1954 Don Milani viene nominato priore della chiesa di S.Andrea a Barbiana, una piccolissima parrocchia sul monte Giovi, nel territorio del comune di Vicchio del Mugello. La chiesa del '300 e la canonica, situate a 475 metri di altitudine sopra il vasto paesaggio della valle della Sieve, erano, e lo sono ancora, circondate da poche case e dal minuscolo cimitero.Era una località irraggiungibile da automezzi perchè non vi era ancora la strada ed era abitata solo da cento contadini che resistevano all'esodo verso la città

Per la curia fiorentina, isolare don Lorenzo Milani era la giusta punizione da dare a un sacerdote che non amava le processioni, le feste, che privilegiava i più poveri e più umili e che aveva creato una scuola dove erano ammessi gli operai comunisti. Un uomo che vede nel consumismo, e nelle sue attrattive alienanti, la causa dell'allontanamento del povero dalla Chiesa e dai valori cristiani.

Il giorno dopo il suo arrivo, aveva raggruppato i ragazzi delle famiglie attorno a sè e in una scuola. Li liberò subito dalla passività e li rese responsabili. In questa scelta si fonderanno la pedagogia e la pastorale, il prete e la scuola.

Per pochi ragazzi, semianalfabeti, figli di pecorai e contadini oppure orfani, apre una scuola che inizia all'8 del mattino e termina a buio. Una scuola che non conosce vacanze e che rifiuta le metodologie e le tecniche d'insegnamento nozionistico e trasmissivo.

Il suo libro:" Lettera a una professoressa " è il risultato di un anno di attività a Barbiana.

Questo testo, che ha per autore la scuola di Barbiana, è una critica, minuziosamente condotta, alla scuola elitaria che boccia i figli dei poveri e promuove quelli dei ricchi, una scuola accusata di "far parti eguali tra diseguali".
"Voi dite d'aver bocciato i cretini e gli svogliati. Allora sostenete che Dio fa nascere i cretini e gli svogliati nelle case dei poveri. Ma Dio non fa questi dispetti ai poveri. E' più facile che i dispettosi siate voi".

La scuola, secondo don Milani , è un ospedale che cura i sani e respinge i malati e crea differenze a volte irrimediabili. Il maestro Milani trasforma il giornale in materia scolastica. Trasforma, in ricerca e produzione di materiale didattico, il lavoro di gruppo, da lui diretto, svolto con i ragazzi, gli abitanti e i numerosi visitatori. Una grande rivoluzione culturale, didattica e pedagogica che rifiuta l'indifferenza, la passività negativa e motiva fortemente l'allievo.

L'esperienza di Barbiana, non è ripetibile, infatti più che una scuola, lui aveva creato una comunità,una famiglia. Tutti i suoi scritti, nel periodo in cui abitò a Barbiana, nacquero per motivi pedagogici. Nel dicembre del '60 si manifestano i sintomi del linfogranuloma e della leucemia. Muore in casa della madre il 24 giugno 1967 all'età di 44 anni.

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